L’Europa deve ritrovare il pragmatismo che la creò
Di Carlo Pelanda
Un’inelegante e forse arrogante battuta sentita in una piazza finanziaria europea rende, tuttavia, il sentimento di chi si occupa di economia in relazione all’ennesimo stop (Irlanda) del processo di costruzione dell’Unione europea: “basta con i dilettanti, entrino in campo i professionisti”. Chi scrive è d’accordo, nel seguito il perché.
Ci sono due vantaggi nell’Unione europea: (a) creazione di un mercato unico a partire da quelli nazionali che, solo per geometria, promette di aumentare il volume complessivo degli affari; (b) un’area economica e monetaria di più di 400 milioni di persone è in grado di far pesare i suoi interessi nei confronti degli altri giganti mondiali già esistenti (Usa) o emergenti (Cina, India e Russia). A fronte di tali vantaggi è razionale che una nazione paghi il prezzo di cedere la propria sovranità economica perché il beneficio è superiore al costo. Ma ora ci troviamo nella situazione sgradevole e preoccupante di aver ceduto sovranità (eurovincoli) senza il vantaggio di un’Europa economicamente integrata e geopoliticamente influente. La colpa non è degli irlandesi che hanno bocciato il referendum relativo al modello di governo europeo, e nemmeno degli olandesi e francesi che lo fecero in precedenza. Il problema è che il modello che si vuole imporre agli europei è sbagliato e quindi vulnerabile alla bocciatura da parte del processo democratico. Poiché giovedì prossimo gli eurogoverni si riuniranno per cercare una soluzione al blocco dell’integrazione istituzionale europea è utile che voi lettori sappiate che il difetto sta nel metodo e non nella gente che lo boccia.
Fino al 1989
l’integrazione europea procedeva benissimo perché guidata dal metodo
“funzionalista”: le nazioni cedono sovranità spontaneamente ad un agente
europeo nei casi dove sia chiaro il loro vantaggio; nei casi, invece, dove non
lo è l’integrazione viene posposta. Tale metodo portò all’Atto unico del 1985
dove il livello di integrazione economica proposta, prevista ed accettata era
superiore a quello realizzato dai successivi Trattati di Maastricht (1993) fino
all’ultimo, quello di Lisbona ora a rischio. Perché? Nel 1989 si è passati dal
metodo “funzionalista”, dal basso verso l’alto e pragmatico, a quello
“gerarchico” ed idealistico. Francia ed altri, preoccupati del riemergere
imperiale della Germania riunificata, vollero imbrigliarla costringendola a
mollare il marco.